COLPO DI FORTUNA …
I giorni passarono in fretta. I miei voti erano buoni (avevo la media del 7) e i miei compagni di classe erano simpaticissimi.
Era il 27 settembre, un meraviglioso venerdì. Il paesaggio era ancora bello e verde, mentre il clima caldo e umido.
Inizialmente mi sembrò un giorno qualunque: uscii di casa alle 7:00, presi il pullman delle 7:20, arrivai a scuola alle 7:35 circa e aspettai l’inizio delle lezioni chiacchierando con i miei amici.
In quel periodo ripensai molto al piano per aiutare Eric e, allo stesso tempo, a quando metterlo in atto.
La professoressa di storia dell’arte diede a tutta la classe una ricerca sulle divinità greche, da fare a gruppi di massimo 4 persone. Ovviamente, e sottolineo ‘ovviamente’, ero nello stesso gruppo di Eric, Alice e Simone.
“Se volete, possiamo vederci da me. Nessuno ci disturberà: mia sorella è da una sua amica e mio padre è a lavoro” disse Eric.
“Io non ho problemi. Devo chiedere ai miei genitori, però” esclamai io.
“Perfetto! Allora è deciso! Dobbiamo solo chiedere il permesso ai nostri genitori” esclamò Simone, sorridente come sempre.
Questo era il mio momento: potevo finalmente metter in atto il mio piano. Non vedevo l’ora. Ero abbastanza emozionata: stavo per aiutare un amico a cui tenevo molto. Non mi ero dimenticata di quando, il primo giorno di scuola, mi aveva protetta da quel ragazzo. Mi sentivo in debito con lui e, finalmente, stavo per ricambiare il favore.
Quel pomeriggio chiesi il permesso ai miei genitori. Fortunatamente me lo diedero, e così, dopo esserci sentiti e dopo aver deciso giorno e ora, preparai il discorso da fare alla sua famiglia.
A dir la verità, sapevo che quella sarebbe stata una cosa inutile: sicuramente mi sarei dimenticata tutto. L’unica cosa che mi rassicurava era che le parole mi sarebbero uscite dal profondo del cuore, perché io volevo davvero bene ad Eric e, vederlo così triste per colpa della sua famiglia, mi faceva sentire male.
Arrivò quel giorno: l’ 1 ottobre.
Ero pronta a tutto, anche ad un possibile fallimento del piano. Dopotutto, nulla è certo nel futuro. Mi ero portata avanti con i compiti e avevo già studiato tutto quello che c’era da studiare. Non vedevo l’ora di finire quella ricerca per poi mettere in atto il mio piano. Dovevo ricordarmi che la cosa fondamentale, sulla quale si basava il mio piano, era avere davvero molta fortuna. Senza quella, sarebbe fallito. Avevo bisogno del padre di Eric; mi serviva un suo ritorno a casa prima del dovuto. Ma se non fossi stata fortunata, mi sarei messa ad aspettarlo sulla soglia. Ero decisa a portare ad una conclusione il mio piano. Doveva funzionare!
Alle 3 meno dieci mi incontrai con Alice e, insieme, andammo a casa di Eric. Non era lontana, anzi, era più vicina di quanto potessi immaginare. Infatti arrivammo con 5 minuti d’anticipo. Simone era già da lui e, quando citofonammo per farci aprire, fu proprio lui ad accoglierci. Eric ci fece fare il giro della casa. Ci mostrò tutte le camere, ad eccezione della sua. Non so il perché, ma quella stanza mi incuriosiva e attraeva contemporaneamente. Avevo voglia di andare davanti a quella porta, aprirla e visitare la stanza da cima a fondo, senza lascia inosservato neanche un particolare. Che cosa strana, non mi era mai successa una cosa così prima d’ora. Ma non avevo il tempo per pensare alla stanza misteriosa di Eric. Avevo bene altre cose per la testa, molto più importanti di una camera.
Andammo tutti in salotto, dove la luce era forte e lo spazio era molto. Devo dire che era proprio bello. La presenza elevata di piante mi colpì molto. Probabilmente erano appassionati di botanica. Infatti, il giardino era pieno di fiori dai sgargianti colori. Riuscì a riconoscere le viole, le dalie, molti iris blu (il mio fiore preferito) e i gigli. Che bel panorama!
Ritornando al salotto, era molto grande, pieno di piante e luminosissimo. I mobili erano in stile antico. Il tavolo, anch’esso come tutti gli altri mobili di legno scuro, era ricoperto da una sottile coperta di plastica, che fungeva da protezione.
Iniziammo a lavorare, non potevamo perdere tempo. Nei giorni precedenti eravamo riusciti a metterci d’accordo su quale divinità fare la ricerca. In pratica, il numero delle divinità da approfondire doveva essere uguale al numero dei componenti del gruppo. Perciò noi dovevamo fare 4 divinità. Era una cosa abbastanza senza senso. Perché avremmo dovuto fare un lavoro a gruppi, se alla fine ognuno di noi avrebbe dovuto studiare solo una divinità? Non ho ancora trovato una risposta. Comunque, io scelsi di approfondire Atena. È la mia divinità preferita. Il simbolo della ragione, della sapienza. Sì, era la dea che più mi ispirava. Alice scelse Afrodite, la dea dell’amore e della bellezza. Simone Poseidone, il dio del mare, mentre Eric Hermes, il messaggero degli dei. Ci mettemmo all’opera. Ognuno di noi aveva già pronto il materiale da studiare. In pratica dovevamo solo mettere sulle diapositive qualche appunto e tutte le immagini. Alle medie imparai davvero molto sulle presentazioni in PowerPoint. Quel periodo di certo non fu il migliore della mia vita, né culturalmente né per quanto riguarda le amicizie, ma sicuramente avevo imparato a fare delle belle presentazioni. Questo forse è l’unico lato positivo di quei tre anni. Ci fu, infatti, molto utile questa mia capacità. L’alto senso di bellezza di Alice e la mia bravura con il computer ci aiutarono a far venire fuori un lavoro con i fiocchi.
Si erano ormai fatte le 7 di sera. Dovevamo alzare i tacchi e andarcene: Eric doveva preparare la cena per la sua famiglia. C’era solo un piccolo dettaglio: il mio piano sarebbe potuto svanire. Perciò, pur di rimanere, mi offrii di aiutarlo. Lui era sorpreso, glielo leggevo negli occhi, ma non poté rifiutare. Tra un ‘metti la tavola’ e un ‘prepara da mangiare’ si erano fatte le 8 meno un quarto. Quando l’orologio fu esattamente sulle 8 in punto, la porta si aprì ed entrò un uomo: il padre di Eric
davvero bellissimo!!!
RispondiEliminaGrazie mille :)
Elimina��Che noia
RispondiElimina?
EliminaÈ bellissimo
RispondiEliminagrazie mille ^-^
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